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Eugenio Larible: “Il circo è il mio elisir di gioventù”

Eugenio Larible

 

Più che un’intervista, quella con Eugenio Larible è stata una vera chiacchierata. Una chiacchierata di quelle che ti frullano nel cervello per un po’, che fatichi a dimenticare soprattutto per la piega ironica che ha preso.
Il signor Larible, o meglio Eugenio, come si fa chiamare da tutti per la sua semplicità, ha aperto il suo album dei ricordi per Circo.it.
E’ un uomo che sa il fatto suo, che dice quello che pensa senza giri di parole, ma che non dimentica mai di insaporire i suoi racconti con quel tanto di pepata ironia che non guasta. Dagli esordi, ai primi successi, fino all’insegnamento presso l’Accademia del Circo, prima a Cesenatico e poi a Verona, il padre del clown italiano più famoso nel mondo, David Larible, si racconta senza veli, inframezzando aneddoti molto simpatici.
Che dire? Eugenio è una vera bomba di simpatia, uno di quei personaggi che lasciano il segno, ma che come tutti gli uomini sa anche commuoversi parlando del “suo” mondo: il circo.
Signor Larible, lei è stato un grande artista negli anni ’50 – ’60. Com’è iniziata la sua carriera e quali sono state le tappe più significative?
Ho iniziato l’attività circense nel circo di una mia cugina, un piccolo circo del sud dove sono rimasto fino all’età di 18 anni. Ricordo con nostalgia il debutto in pista, perché lì ho imparato a fare qualsiasi cosa. Poi, ho iniziato a perfezionare alcuni numeri da solo e mi sono trasferito al nord, dove ho avuto il piacere di lavorare per il Medrano-Casartelli.
L’impatto è stato forte: tutto era diverso, dallo chapiteau all’organizzazione… Sono arrivato con mio fratello (più giovane di me di quattro anni) e con i miei pochi attrezzi da giocoliere (raccolti in una borsa), e mi sono sentito spaesato. Milano era una città sconosciuta, caotica, e per due giovani senza esperienza come noi, anche molto allettante.

Eugenio e Vivien Larible (foto Angel)


Per la sua esperienza, qual è la difficoltà maggiore per un trapezista?
Io mi sono specializzato nel trapezio Washington, un numero in cui rimanevo in equilibrio sulla base del trapezio unicamente con la testa.
Questa disciplina richiede molta concentrazione ed una buona dose di equilibrio, se per caso una delle due componenti viene a mancare, il mix si rivela un disastro ed il numero ne risente. Penso di aver fatto cose straordinarie, sono riuscito ad esempio a creare un numero abbastanza pericoloso, ma di forte impatto visivo: rimanevo in equilibrio sulla testa e con i piedi sorreggevo una scala di due metri, sulla quale c’era mia figlia. Nessuno è riuscito più ad eguagliarmi.
Tutto il mondo conosce suo figlio. Ci regala un ricordo di David da piccolo? Era un bravo allievo?
David ha sempre avuto la passione di fare il clown. Aveva tre anni ed andava nei camerini dove c’erano i clown per osservarli, ricordo che ne era estremamente incuriosito. C’era chi se lo portava addirittura con sé in pista, era diventato una sorta di mascotte. Poi crescendo la passione gli è rimasta, anche se ha imparato tantissime altre specialità: verticali, numeri di gaucho argentini, giocoleria.
David non è stato un allievo modello, almeno fino ai 18 anni. Per lui il circo era un gioco, non aveva capito che sarebbe diventato anche un lavoro ed allora un giorno gli dissi: “Se vuoi fare il clown, approvo la tua decisione, ma ricordati David che un bravo clown dev’essere prima di tutto un bravo artista, un artista disciplinato e completo”.
E’ stato così che mio figlio ha imparato a suonare ogni sorta di strumento musicale, strumenti dei quali si avvale ancora oggi nelle sue esibizioni. David è diventato un personaggio completo grazie a me.

David agli esordi come clown insieme al papà Eugenio


“Il clown dei clown”, così viene definito suo figlio David. Cosa ne pensa dei suoi successi?
E’ un ottimo artista, ma non lo dico da padre, lo dico da “addetto ai lavori”.
Sono contentissimo che sia riuscito grazie alla sua tenacia ad esaudire il sogno che aveva fin da piccolo, ma sono ancora più entusiasta del fatto che David, anche quando non era ancora famoso, incantava tutti: aveva un forte carisma e questo gli ha permesso di diventare una stella nel firmamento circense.
Nel 1999 a Montecarlo, David ha vinto il Clown d’Oro. Da padre, e non da artista, cos’ha provato in quel momento?
Mio figlio è una persona meravigliosa e mi ha dato tantissime soddisfazioni.
Sono orgoglioso di lui, il successo che ha se lo merita davvero, ed essere suo padre è la cosa più bella che mi sia capitata.
Sotto la sua guida si sono formati i fratelli Errani che, ricordiamo, hanno vinto il Clown d’Oro al Festival di Montecarlo nel 2004, nella disciplina dei giochi icariani. Com’è stato essere il loro insegnante?
Ricordo che loro padre, dopo due anni in Accademia, decise di ritirare i figli, perché secondo lui avevano imparato poco. Poi, mi chiese di seguirli, di diventare il loro insegnante e così è stato. Ho intuito subito che quei ragazzini avrebbero potuto diventare due personaggi e mi sono impegnato al massimo per plasmare il loro carattere e li ho aiutati a modificare il loro modo di lavorare. Vedendo il successo che hanno avuto, non mi sono sbagliato.
Che cos’è per lei il circo?
E’ la cosa più bella della mia vita. Nel circo sono nato, sono cresciuto, ho avuto i miei primi successi, mi sono innamorato. Il circo è il mio elisir di gioventù!
Valentina Ripa

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