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Divieti ai circhi con animali nel mondo? Favole… non si imprigiona la verità

Nella recente campagna contro gli animali nel circo a sostegno del DDL 2287, sapientemente orchestrata da LAV e associazioni animaliste varie, uno degli argomenti più sbandierati ed enfatizzati è quello del divieto in tal senso già instaurato in molti stati del mondo, ed in ben 18 (sui 28 attuali) dell’Unione Europea. Dato che effettivamente colpisce, usato quasi come un pungolo nei confronti del nostro legislatore e dell’opinione pubblica, come a farci sentire in colpa per essere rimasti “arretrati”…
Uno dei lavori scientifici (o presunti tali) citati più spesso dagli animalisti è un report (quindi non una ricerca ma una semplice raccolta di dati) redatto da S. Harris, H. Pickett e J. Dorning. Lavoro commissionato dal governo del Galles proprio per valutare l’opportunità o meno di emettere una norma di divieto per l’uso di animali nei circhi. Cosa che non è avvenuta, nonostante il report sopra citato avesse speso fior di parole e di giudizi per sostenere la necessità di un divieto.
Proprio su questo report abbiamo trovato una tabella in cui si elencano i 33 Stati che hanno emesso norme di divieto all’uso di animali nei circhi. Come gli stessi autori precisano, in molti casi non è stato possibile accedere alle fonti primarie (legislazione) per cui le notizie riportate sono non complete. Ma comunque sufficienti per fare una valutazione di questi divieti.
Anche la LAV, nel suo documento presentato in occasione dell’audizione al Senato tenutasi all’inizio di quest’anno, ha illustrato la situazione normativa fuori dall’Italia. Nel documento ci sono ben 3 tabelle: una nello studio fatto dal CENSIS, le altre due redatte dalla stessa LAV, che però mancano di qualsiasi riferimento alla fonte. La tabella predisposta dal CENSIS cita la fonte normativa per ciascuna nazione, anche se alcune sembrano troppo vecchie. I dati a volte sono discordanti con quelli riportati da Harris, e comunque meno dettagliati. Per cui abbiamo preferito riferirci al report di Harris (The welfare of wild animals in the travelling circuses, 2016).

Cominciamo dagli stati non europei e da Serbia e Bosnia, che non fanno parte della UE. Sono 15 in tutto, e fra questi l’unico ad avere una solida tradizione circense è il Messico. In questa nazione, a fronte di una popolazione di 127 milioni di abitanti, nel 2015 erano presenti ben 203 circhi con animali esotici; una situazione quindi, in proporzione, molto simile a quella italiana. La legge di proibizione ha avuto effetti nefasti, a quanto riferisce Teresa Moreno, funzionario della Direzione Generale Fauna Selvatica.
Avendo solo sei mesi di tempo, i circhi si sono trovati spiazzati nella ricollocazione degli animali; alcuni sono stati presi dagli zoo, ma a quanto pare in Messico gli zoo sono numerosi e ce ne sono di aperti da poco, per cui con personale inesperto, e non sono stati capaci di accudire adeguatamente gli animali. Alcuni animali sono stati venduti, regalati, addirittura abbandonati o “nascosti” per attendere eventuali evoluzioni. E infatti esattamente il giorno in cui scadevano i sei mesi di moratoria, è stata emanata una legge con cui si permetteva ai circhi di continuare a tenere gli animali, purché in “ottime condizioni”, e senza farli esibire in spettacolo. Troppo tardi. Si stima che l’80% circa degli animali dismessi dai circhi (parliamo di 1600 animali!) risultano morti o dispersi, nel senso che non se ne hanno più notizie. Ovviamente tutto questo ha portato a battaglie legali, ricorsi, spese ingenti che solo pochi circhi hanno potuto sostenere. Una situazione che, con una brutta espressione in uso qualche anno fa, veramente può definirsi “sudamericana”. Leggi fatte di imperio, senza una conoscenza e una valutazione approfondita del settore che si sta andando a
regolamentare. Nella fattispecie un ottimo pretesto per dare visibilità al partito “verde” a scapito di quello più conservatore.

In Sudamerica, continente dove il circo ha un buon seguito, anche se vi è stato introdotto da complessi arrivati dall’estero (fra cui il nostro Orlando Orfei), diversi stati hanno legiferato sugli animali.
La Bolivia con un divieto assoluto per tutti gli animali (così come ha fatto in Europa la Bosnia).
L’Ecuador solo per animali selvatici autoctoni, e comunque prevedendo restrizioni per l’uso di selvatici esotici.
Perù, Paraguay e Colombia hanno vietato l’impiego di tutti gli animali “selvatici” (attenzione a questa dicitura, perché la ritroveremo ripetuta in molti casi).
Nel vicino Centro-America, ancora divieto per tutti gli animali selvatici in Costa Rica, El Salvador e Panama. Anche nel caso di Bolivia e Perù, la ricollocazione degli animali non è stata propriamente un vantaggio per gli animali stessi. Diversi leoni sono stati trasferiti in Africa in centri di accoglienza, definiti “santuari” non si sa bene in base a che cosa. Talmente santuari che alcuni leoni sono morti; addirittura due maschi, in Sudafrica, sono stati uccisi e fatti a pezzi dai bracconieri.
Nel continente asiatico ancora divieto per tutti gli animali selvatici in Israele e Singapore. A Taiwan solo per specie selvatiche protette; in India non per tutti ma per alcune specie di animali selvatici (non ci è dato di sapere quali).
E per finire in Europa anche la Serbia vieta tutti gli animali selvatici.

Chi segue il mondo del circo si rende conto subito come di queste 15 nazioni le uniche ad avere una tradizione circense sono il Messico, di cui si è già detto, Colombia e Perù, ma prevalentemente per i numeri acrobatici, ed India, anche se sappiamo ben poco del circo in quella nazione.
Consideriamo adesso quanto ci riguarda più da vicino, ovvero l’Unione Europea. Tre nazioni hanno vietato nei circhi l’impiego di tutti gli animali: Malta, Cipro e Grecia. Nazioni dove non è mai esistito un circo, quelli che ci hanno lavorato sono arrivati da fuori, prevalentemente dall’Italia. E adesso, visto appunto il divieto, non considerano più vantaggioso effettuarvi delle tournée, per cui gli abitanti di quei paesi avranno poche possibilità di vedere uno spettacolo circense.
In tutte le altre nazioni il divieto parla sempre di animali “selvatici”; in Austria, Slovenia e Croazia senza nessuna ulteriore specifica (almeno per quello che ci é dato di sapere). Con evidente disparità di trattamento però in Austria resta permesso l’impiego di animali selvatici per la realizzazione di film o programmi televisivi (su questo aspetto il circo Krone ha presentato un ricorso alla corte austriaca, che però lo ha bocciato).
In Olanda e Belgio vengono indicati gli animali domestici permessi, e fra questi anche domestici esotici (cammelli, dromedari, lama, alpaca, pappagalli). Animali seppur domestici ma esotici invece non sono ammessi in Finlandia (altra nazione dove non c’è mai stata un’impresa circense). Altri Stati, oltre ad animali domestici, permettono alcuni animali selvatici: la Svezia le otarie, la Danimarca elefanti, otarie, zebre, volpi, visoni. Bulgaria e Repubblica Ceca addirittura i delfini! (animali per cui obiettivamente un circo molto difficilmente può garantire spazi adeguati).

Altre nazioni (Estonia, Ungheria e Polonia) vietano sempre gli animali selvatici, ma solo quelli “catturati”.
L’Ungheria per elefanti, rinoceronti, primati e tutte le specie dell’appendice I della CITES prevede però il divieto “se catturati dopo il 2010”. Di fatto tali divieti risultano ininfluenti, perché, a parte gli elefanti, non esistono praticamente più animali catturati nei circhi. E meno che mai dopo il 2010.
La Polonia puntualizza che, oltre che essere vietati gli animali selvatici catturati, sono ammessi solo quelli per cui è possibile garantire condizioni di vita adeguate ai loro bisogni etologici.
Portogallo e Slovacchia vietano soltanto gli animali compresi nelle appendici CITES (per cui non sono vietati, ad esempio, le giraffe e la maggior parte delle zebre).
Ci sarebbe molto da analizzare su questi dati, ma diventerebbe un discorso troppo specifico e, in assenza di dati più certi, anche inutile. Alcune considerazioni però meritano di essere fatte.
Intanto che, a parte le tre nazioni integralmente abolizioniste, tutte le altre non prevedono un divieto totale degli animali nei circhi, così come viene presentato dalle associazioni animaliste nei vari comunicati stampa, e come vorrebbero si facesse anche in Italia. Il confine è sempre quello della definizione di animale “selvatico”. Su cui il discorso si può e si deve approfondire, ma lo faremo in un successivo articolo.
Già comunque da quanto si è illustrato, alcuni stati specificano che le specie considerate domestiche in altri paesi sono da considerarsi sì esotiche, ma non selvatiche.
Altre nazioni ammettono comunque alcune specie sicuramente definite come selvatiche (nel caso di Bulgaria e Rep. Ceca ci piacerebbe sapere perché i delfini sì e una zebra no). La Danimarca, nel permettere l’impiego di alcune specie selvatiche, fra cui l’elefante, precisa che tale decisione nasce dai risultati di un gruppo di lavoro che ha valutato che per queste specie è possibile in un circo garantire condizioni di vita adeguate a mantenere il benessere degli animali. In altre nazioni il divieto interessa solo gli animali compresi nella CITES, perché evidentemente il legislatore si è preoccupato più di aspetti di protezione ambientale che non del benessere dei singoli animali.
Anche qui però sarebbe interessante capire se questi divieti si applicano solo ad animali di eventuale nuova importazione, o anche per animali nati da più generazioni in cattività. Altre nazioni hanno limitato i divieti ad animali non solo definibili come selvatici, ma “catturati”. Quindi una tigre o un leone nato in cattività (che è la situazione reale dei circhi) può essere utilizzato.

A fronte dei paesi che vietano, vediamo invece cosa c’é sull’altro fronte. Da che ci è dato di sapere solo la Francia, l’Inghilterra, il Galles e la Scozia hanno stabilito una regolamentazione con atti di legge.
In Germania sono state emanate delle Linee Guida, che non hanno valore di legge, ma rappresentano comunque il riferimento per gli organi di controllo. Un po’ la stessa situazione dell’Italia, dove esistono le Linee Guida della Commissione CITES, che però non considerano molte specie comunemente presenti presso i circhi.
La Lettonia ha da poco respinto la proposta di divieto, e si appresta a regolamentare la presenza degli animali nei circhi. Non esistono divieti, ma non abbiamo al momento nessuna informazione più dettagliata sulla situazione in Spagna, Lituania, Irlanda, Lussemburgo e Romania.

In questa Unione Europea, sempre più presente nella vita di tutti i giorni di noi singoli cittadini, il quadro relativo a questo aspetto (fondamentale) dell’attività circense è quanto mai variegato e lontano da quello che dovrebbe essere l’obiettivo di una libera circolazione di persone, merci e servizi. Le norme sono diversificate da nazione a nazione, mancano in maniera evidente un orientamento e una base di valutazione unica, come invece dovrebbe esserci, e già lo è, in molte altre attività economiche e produttive. Sicuramente il legislatore europeo ha trascurato questo aspetto, che interessa sì un settore economico marginale come il circo, ma di contro molto esposto dal punto di vista mediatico e, per la sua natura itinerante, quanto mai bisognoso di leggi uniformi nell’ambito dell’Unione.
E comunque le norme di divieto per gli animali nei circhi dei 18 stati che le hanno emanate non sono quello che gli animalisti vorrebbero far credere. Non c’è affatto una situazione di divieto totale della presenza di animali. Un divieto totale, come si vorrebbe far passare in Italia, nasconde (e neanche tanto) un interesse che non è solo quello di garantire il benessere degli animali. Obiettivo per cui comunque esistono altre strade meno drastiche e, vista l’esperienza di altri paesi, meno dannose.
L’obiettivo finale è quello di eliminare lo spettacolo con animali perché giudicato diseducativo. Ma un tale giudizio, essendo necessariamente soggettivo, se imposto per forza di legge diventa una vessazione e una censura. E contro un provvedimento del genere non solo i circensi e gli amanti del circo dovrebbero opporsi, ma tutti i cittadini che hanno ancora voglia e capacità di essere liberi.

Ettore Paladino, veterinario

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