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Chocolat, gioie e dolori del clown nero

Chocolat e Footit

Raphaël Padilla non ha nemmeno la certezza di un nome. Viene al mondo in una famiglia africana nel 1868, è uno schiavo e lo attende un destino da deportato a Cuba, lo chiamano anche Raphaël de Leios. Ancora bambino viene venduto ad un portoghese e diventa il suo servitore, finisce in Spagna a lavorare come minatore, scaricatore di porto, fattorino, cantante di strada. Il colore della sua pelle è nero, diventerà una celebrità in Francia col nome di Chocolat (un appellativo che all’epoca significa anche voglia di ridere delle disgrazie altrui) in coppia con il clown bianco Georges Tudor Hall, in arte Footit.
All’origine della fortuna, assai breve per la verità, di Chocolat ci sono due inglesi. Il primo è un clown anch’esso, Tony Grice, che lo vede sui marciapiedi di Bilbao e lo porta a Parigi, intuendone subito le doti non comuni. I due non collaborano a lungo, ma entra in gioco un altro clown britannico, Tudor Hall appunto, col quale Chocolat farà invece coppia per quasi vent’anni. Diventa un duo inossidabile che inventa la commedia clownesca e abbatte i confini che separano circo, teatro, music-hall. Canta bene e sa muoversi ancora meglio. Piacciono la sua eleganza e le sue gag: quella del difficile rapporto col mulo diventa celebre, così come lo sketch del capostazione.

Il Chocolat danzante di Toulouse-Lautrec

Le ragioni del successo sono artistiche e anche un po’ sociali. Nell’epoca del colonialismo, il clown nero che impersona l’augusto e che fa le spese del bianco severo, è sì un perdente ma allegro, che rassicura la coscienza di una Francia dominatrice e più grandeur che mai, che per le due Esposizioni universali del 1889 e del 1900 richiama in patria più di 80 milioni di visitatori. Chocolat è anche il primo artista nero a calpestare una pista e anche la curiosità per l’esotico fa la sua parte.
Come tutti gli uomini che lasciano il segno, Chocolat ha “contagiato” artisti, registi, scrittori. Lo ha dipinto Toulouse-Lautrec, ha lasciato un ricordo indelebile in Jean Cocteau, i fratelli Lumière l’hanno filmato (La chaise à bascule) ma ancora prima dell’invenzione del cineproiettore compare insieme a Footit in una fotopittura animata interpretando un’altra famosa gag, il Gugliemo Tell: Chocolat tiene la mela sulla testa, ma non resiste e se la mangia, Footit deve colpirla con una pistola, che poi si scoprirà spara acqua. Ha ispirato Samuel Becket per tratteggiare lo schiavo Lucky in Aspettando Godot. Ricorre a Chocolat anche la pubblicità. Si separa da Footit nel 1910, quando quest’ultimo prova ad aprire un proprio circo ma senza successo.
Finisce i suoi giorni povero e alcolizzato. Un suo figlio adottivo, Eugène Grimaldi, ottiene un certo successo come clown bianco. Muore a soli 49 anni, nel 1917, in totale solitudine, viene sepolto nella fossa comune del cimitero protestante di Bordeaux, nella parte riservata agli indigenti. Era stato il clown più popolare e applaudito della Belle Epoque parigina, e si era sibito anche nel tempio del music-hall, le Folies Bergère.
La regista francese Claire Denis nel 1988 realizza il film Chocolat, presentato al 41esimo festival di Cannes. E’ uno studio della condizione umana con le sue tensioni interculturali. Il clown nero lascia anche questa eredità.

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