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Che spettacolo questo circo!

Brigitta Boccoli nella foto La Nazione

Firenze, 28 dicembre 2011 – Poco da fare: il circo è una bolla antica, senza tempo, che rotola intatta nel presente. Intatti sono gli occhi sgranati dei bambini, le mani che si spellano dei grandi, il pop corn caldo, lo zucchero filato a manciate, la polvere e le stoffe rosse e lise dagli anni, pure lo spot della Girella che risuona come un Carosello e profuma l’aria di stile retrò.
Lo show di Moira Orfei al Campo di Marte è un viaggio nei giochi, un inno all’amore, quello (vero anche nella realtà) tra il figlio Stefano in giacca zeppa di lustrini, che accarezza le tigri e ci parla con la serenità di una gattara in una colonia felina, e Brigitta Boccoli, quarantenne bella da batticuore che gioca a fare la principessa capricciosa stanca dei lussi superflui e attratta dallo spettacolo e dalla magìa di un mondo gitano e avventuroso. Così il circo diventa un disegno perfetto dei desideri che si avverano, si concretizza in un percorso dei sogni, tra musical e clown, piroette e salti mortali (impressionante il numero sulla ruota). E poi pony al galoppo, leoni, elefanti, e pure un cucciolo di ippopotamo.
Il circo di Moira, che si concede pure alla platea per un minuto con un bacio lanciato dal sedile di una vecchia Cinquecento e un genuino «Viva Firenze» , è impressionante per impatto e finezza. Carino anche l’omaggio leggero alla città con il clown di turno che nel battibeccare con un collega si lascia andare un «Sieee, ‘un son mica bischero!».
«Tutti gli animali — ricorda intanto lo speaker — sono trattati da re e rispettati fin dal primo giorno. Imparano fin da cuccioli a vivere in totale confidenza con l’addestratore». Basta una scenetta in effetti, la più divertente con i cavalli che ballano al ritmo di musica, a confermarlo. Stefano Orfei, alla fine di un mini-spettacolo, invita una delle sue tigri a rientrare “dietro le quinte”. Lei fa la preziosa, sbadiglia pure e non si muove dal suo “trono” (uno sgabellone di metallo). Lui insiste, lei niente. Così Orfei si inchina le tende la mano e le dice: «Prego, Maestà, vuole accomodarsi all’uscita» e alla fine lei, vanitosa, con passo lento, se ne va accompagnata dalla folla.
Bello spettacolo, dunque, quello del Mandela. E pazienza se i prezzi non sono esattamente popolari (per lo show di fine anno, leggiamo nel cartellone, un posto in poltrona arriva a costare fino a 90 euro, mentre per un giorno “normale” in tribuna con meno di 18 euro non ci si mette a sedere), se i clown con l’immancabile e coloratissimo pappagallo sulla spalla girano come ossessi per scattare foto da rivendere all’uscita e se, tra la prima e la seconda parte dello spettacolo, per visitare i cuccioli di tigre da vicino ci sia da pagare un ulteriore biglietto.
Il gioco, come si dice in certi casi, vale effettivamente la candela. Gli applausi, scroscianti, del Mandela Forum e l’emozione dei bambini che non stanno fermi un secondo e guardano negli occhi le tigri con uno stupore puro e antico lo confermano più di qualsiasi altro sondaggio. Spettacolo vecchio stile, nel rispetto totale della tradizione, un po’ ruffiano e malinconico magari, kitsch quanto impone l’etichetta. Ma vero e funambolico. Sipario.
Emanuele Baldi
La Nazione

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